“Il brigante repubblicano” è un libro di Gianluca Parisi che esplora la figura del brigante nel contesto della storia italiana, in particolare durante il periodo post-unitario. Il libro si concentra sulla vita e le esperienze di briganti che si opponevano al nuovo stato italiano, spesso in nome di ideali repubblicani e di giustizia sociale. Il testo offre una narrazione che combina elementi storici e biografici, mettendo in luce le motivazioni e le condizioni sociali che hanno portato alla nascita del fenomeno del brigantaggio. Per chi e’ interessato alla storia italiana e alle sue complessità, questo libro potrebbe offrire una prospettiva interessante su un capitolo spesso trascurato della nostra storia. Sull’Unità Italiana si sono spesi fiumi di parole e di inchiostro, il dualismo tra borbonici e Savoia, ancora oggi alimenta il dibattito su quel periodo. I fatti storici ci dicono che dallo sbarco di Garibaldi a Marsala e il successivo in Calabria passarono più di tre mesi. Fu un’occupazione, una guerra perché successivamente ci vollero altri 10 anni per i Savoia per controllare tutto il Sud Italia. Fu Unità d’Italia, ma non dimentichiamoci della Repubblica, di Mazzini che fu esiliato e dello stesso Garibaldi che in Aspromonte fu ferito dall’esercito piemontese. Perché?
La propaganda unitaria, la Spedizione dei Mille e la conquista della Sicilia. Garibaldi partì da Quarto in Liguria, con un esercito iniziale di 1000 uomini, a cui si aggiunsero altri volontari presenti sul territorio. Sbarcò a Marsala l’11 maggio 1860 nella Sicilia orientale senza essere intercettato dalla flotta borbonica. I Mille riuscirono a sconfiggere una prima resistenza dell’esercito borbonico a Calatafimi. Ne seguì una guerra di conquista durata tre mesi, città dopo città: Trapani, Palermo, Catania, Messina caddero. Nei grossi centri la popolazione civile si mantenne fuori dai combattimenti, ma nell’entroterra come a Bronte nel catanese, il 2 agosto parecchi contadini, coppola in testa, che avevano equivocato la venuta dei Mille con una insurrezione contro il potere, si ribellarono. Vennero appiccate le fiamme a decine di case dei ricchi, al teatro e all’archivio comunale. Ci furono ben sedici morti fra nobili, ufficiali, il barone del paese. Nino Bixio, luogotenente di Garibaldi fu chiamato per la rappresaglia con processi sommari e fucilazioni. Iniziava quello che negli anni successivi sarà una costante per il controllo del territorio in tutto il Mezzogiorno: la repressione col sangue. In tre mesi la Sicilia fu completamente occupata. Chi si arrese a marzo dell’anno dopo con l’onore delle armi fu lasciato vivo, ma chi non volle passare con l’esercito dei Savoia fu deportato in una fortezza ad alta quota a 2000 metri a Fenestrelle in Piemonte. Il 20 agosto del 1860 Garibaldi sbarcò in Calabria e inarrestabile, proclamandosi dittatore dei territori occupati marciò facilmente fino a Napoli capitale. Grazie alla sua fama e alla promessa di terre ai contadini, non venne ostacolato dalle popolazioni locali. A settembre il Re Borbone fu deposto e costretto a ritirarsi nella fortezza militare di Gaeta che fu assediata via mare e via terra, per oltre 100 giorni. Intanto l’esercito dei Savoia guidato in prima persona dal Re Vittorio Emanuele mosse da nord con 80.000 uomini. Dalla dorsale adriatica valicò gli Appennini e raggiunse Garibaldi nei pressi di Teano, siamo al 26 ottobre 1860. Furono organizzati dei plebisciti. A marzo del 1861 il Re napoletano si arrese e l’Inghilterra per prima riconobbe la vittoria ai Savoia. Ad aprile del 1861 a Torino si riunì per la prima volta il parlamento italiano, Garibaldi usò parole dure, parlò di una guerra fratricida, “provocata da questo stesso Ministero”. Il repubblicano Mazzini, che viveva in esilio a Londra, ma era rientrato clandestinamente in Italia, ad agosto del 1861 raggiunse la Sicilia via mare per un estremo tentativo di vedere un’Italia repubblicana. Sperava in un movimento insurrezionale, ma a Palermo prima ancora di scendere dalla nave, fu dichiarato in arresto dai Savoia e portato al forte di Gaeta. Dopo due mesi di carcere fu liberato con un’amnistia e lasciato libero di tornare a Londra a patto che non svolgesse più attività politica. Morì 10 anni dopo. Così al Sud scoppiò una guerra civile: italiani, contro italiani: borbonici, repubblicani, papalini, liberali, lealisti, contadini, ex garibaldini che divenne una guerra di logoramento… il resto è raccontato nel libro, in prima persona come in presa diretta da un giovane brigante repubblicano!