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La dottoressa aveva un servizio di segreteria per le visite, ma a incassare voleva essere sempre lei, in prima persona. Riceveva solo su appuntamento. Il passaparola era il suo successo, sulla pagina dell’ambulatorio del sito internet campeggiava una sua foto sorridente e rassicurante. I pazienti entravano e uscivano, ininterrottamente. C’era la fila, 15 minuti a persona, al massimo venti minuti. Riceveva mattina e pomeriggio dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:30 finanche alle 22:00. Con una giornata di lavoro incassava oltre 1000 euro. Lo stipendio mensile di un manovale! Il costo della visita variava da 70 a 50 o 30 euro. Settanta per una ‘visita’ completa con approfondimento, cinquanta se c’era lo sconto e raramente si faceva pagare solo 30 euro, per le visite di controllo, tutte rigorosamente senza fattura. Quel giorno Gianni Micilla alla sua prima visita, dopo aver pagato disse: «E la fattura? La ricevuta fiscale?» Lei: «Me lo doveva dire prima, ho dimenticato la libretta delle fattura e poi non le conviene perché le verrebbe a costare all’incirca il 30% in più!» Gianni: «Perché mi verrebbe a costare in più?” Lei, categorica: “Sono le tasse». Gianni: «Non ho capito, perché dovrei essere io a pagare le sue tasse? E non si vergogna dottoressa? Guadagna così tanto e non vuole pagare le tasse.» Lei, adirandosi: «Buon uomo, moderi i toni, chi l’ha mandata nel mio studio?» G.: «Mi ci ha mandato il passaparola» Lei, sempre più adirata: «E se ne vada e non si faccia più vedere!» G.: «Non me ne vado fino a quando lei non mi fa la fattura» Lei.: «Si prenda i suoi soldi e non si faccia più vedere, altrimenti chiamo i carabinieri!» G.: «Li chiami pure, anzi chiamo io la Finanza» e prese il telefono cellulare e compose un numero.
Intanto fuori la stanza dello studio, altri pazienti che si erano accorti della cosa, iniziarono a spazientirsi: «Ma che sta succedendo? Ma che vuole, quell’uomo…» Gianni si sedette e non ci fu verso di farlo alzare. Intervennero alcuni pazienti in fila, ma lui imperterrito diceva: «Se non mi fa la fattura non me ne vado». A questo punto la dottoressa, che si era allontanata, tornò con il ricettario delle fatture. L’ultima emessa risaliva a tre mesi precedenti. Subito si adoperò nel compilare la fattura col prezzo pattuito all’inizio. Intanto nella sala d’attesa giunsero due carabinieri che, passando con la macchina d’ordinanza fuori la casa della dottoressa, adibita a studio medico, erano stati chiamati da dei pazienti: «Correte, venite c’è un pazzo che non vuole andare via…» Appena entrato uno dei carabinieri, urlò: «Che succede dov’è il problema?». Gianni stava uscendo proprio in quel momento, fece per parlare, ma la dottoressa lo anticipò: «Nulla, nulla un piccolo disguido, nulla di grave, scusate.» Gianni, invece: «La dottoressa non voleva fare la fattura…» Lei, con tono gioviale: «Ma cosa dice? Avevo dimenticato a casa il ricettario delle fatture… me lo sono fatto portare!» Intanto uno dei pazienti in fila, che aveva assistito e sentito tutto, bisbigliò al vicino di sedia in coda: «Ma la dottoressa abita qui giusto? A voi ha mai fatto la fattura?» Il vicino di sedia, categorico: «MAI!». I carabinieri andarono via, Gianni pure e la dottoressa riprese a fare le visite: «Avanti il prossimo» dovette urlare la segretaria, per farsi sentire. Tra gli astanti in coda si erano venute a creare due fazioni: una che dava ragione alla dottoressa e l’altra più numerosa e rumorosa a Gianni. Era il turno di tale Antonio Agruglio: «Dottoressa tutt’apposto?» La dottoressa si affrettava a recuperare il tempo perso. La visita era di controllo e durò meno di cinque minuti, alla fine Agruglio: «Dottoressa le devo qualcosa»” La dottoressa: «Sono 30 euro». Agruglio: «E la fattura?» La dottoressa: «E ci risiamo anche lei! Eccola!» Avanti il prossimo. Era il turno di Gigino Pannicozzo che prima di farsi visitare: «Dottoressa, visto che adesso ha la ‘libretta’ mi deve prima fare le fatture delle precedenti cinque visite, quando mi aveva detto ogni volta che l’aveva dimenticata!»