Tre notizie provenienti rispettivamente dalla Cina, dagli Stati Uniti e dall’Europa confermano che i nostri dati digitali personali costituiscono un tema importante del ventunesimo secolo, e che faremmo bene a preoccuparcene un po’ di più.

Partiamo dalla Cina, dove tutto è sempre più gigantesco che altrove. I dati personali di un miliardo di cinesi – identità, coordinate e fedina penale– sarebbero stati prelevati dal sito della polizia di Shanghai. Potrebbe trattarsi della più grande operazione di pirateria informatica della storia.

I dati sono in vendita, tra l’altro a un prezzo stracciato. Gli hacker, infatti, chiedono 10 bitcoin (la moneta digitale che garantisce l’anonimato), ovvero appena 200mila euro. La Cina ha imposto la censura di qualsiasi commento sulla vicenda, segno di imbarazzo e nervosismo.

Assorbiti dalle reciproche accuse di ciberspionaggio tra statunitensi e cinesi, avevamo dimenticato i cibercriminali senza frontiere. In ogni caso la guerra fredda non è mai lontana: il social network Tik Tok è stato accusato negli Stati Uniti di aver conservato i dati degli utenti americani a beneficio della casa madre cinese. La vicenda ha sollevato un polverone.

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