Sentiamo parlare sempre più spesso della scomparsa del lavoro, dovuta all’automazione totale che verrà. È già qui, oppure sta per arrivare? Aspetta un secondo. Butto la pasta? La matematica, in realtà, nonostante l’estrema insistenza del marketing, non sembra offrire grandi certezze riguardo l’arrivo della singolarità, l’auspicata intelligenza superiore e autonoma dal genere umano.
È in questo contesto che nell’autunno scorso OpenAI ha rilasciato l’applicazione ChatGPT: un software capace di produrre, in risposta a una domanda, un testo spesso indistinguibile dagli scritti di una persona. È questa la strada verso l’automazione totale, dove i software e le macchine faranno tutto al posto nostro? La risposta sembra essere negativa, vista la quantità di falsità che producono e che chi vende abbonamenti a questi servizi si ostina a liquidare come “allucinazioni”: un termine pasticciato e relativo all’esperienza umana che confonde ancora di più la questione, invece che chiarirla.
L’antropomorfizzazione delle macchine e, viceversa, la meccanizzazione delle persone, hanno una lunga tradizione di cui è ormai forse impossibile rintracciare l’origine, ma che continua a scontrarsi con la realtà materiale che ci circonda. Noi non siamo macchine, come ho spiegato altrove, ma perché sappiamo con certezza che le macchine - sia quelle tangibili che quelle astratte - non potranno mai essere seriamente considerate né umane né intelligenti?