Lo so l’estate è lontana e parlare del mare in autunno inoltrato vi porta nostalgia, ma oggi affronteremo uno dei più insidiosi rischi che lo riguardano, concludendo la serie dei post dedicati alle buone pratiche di protezione civile, almeno per il momento. Il maremoto, detto anche tsunami (dal giapponese tsu = porto e nami = grande onda) è un fenomeno che contrariamente a quanto possa far pensare il nome italiano, non è necessariamente legato ad un evento sismico. A causarlo potrebbe essere anche un’eruzione vulcanica o una frana che si riversa in mare o sottomarina. Maggiore è la profondità a cui si verifica l’evento, maggiore sarà la potenza distruttiva dello tsunami, questo accade perché l’energia generata si trasferisce all’acqua, che avvicinandosi alla costa perde velocità e profondità, l’energia accumulata quindi si concentra su di un volume minore di acqua, che a parità di potenza iniziale, salvo perdite dovute all’attrito dei fondali, riesce comunque a spingersi per centinaia di metri sulla terraferma travolgendo violentemente qualsiasi “ostacolo” incontri sul suo percorso. Tutti ricordiamo le sconvolgenti immagini dei due più importanti maremoti verificatisi negli ultimi anni in Indonesia nel 2006 ed in Giappone nel 2011, anche l’Italia nel corso dei secoli è stata interessata da questi eventi, quindi è importante, come sempre, sapere come comportarci in queste situazioni, trovate le informazioni schematizzate al link sopra riportato. La natura, le sue regole ed i suoi fenomeni alle volte possono sembrarci crudeli, ma spesso è nostra la colpa di non rispettarla e di voler “invadere” ogni suo spazio, facciamolo quantomeno rispettandola al meglio e tutelandoci, in fondo la sua bellezza è figlia anche di questi eventi.