“Io non accuso, racconto”. . Questo piccolo libriccino di 94 pagine contiene due discorsi, tenuti da Giacomo Matteotti alla Camera dei deputati. Il primo fu pronunciato il 31 gennaio 1921, in cui Matteotti chiama il mondo borghese e il Governo di Giolitti ad assumersi la responsabilità delle violenze del fascismo; il secondo, tenuto il 30 maggio 1924, fu il suo ultimo intervento, in cui denunciava i ripetuti brogli delle precedenti elezioni. . Sulla fascetta che la Garzanti ha usato per abbracciare questo libro c’è scritto: “La lotta per la libertà di un eroe di ieri, una lezione di democrazia per i giovani di oggi”. Forse è proprio così, forse non si tratta di una frase retorica ad uso e consumo del mercato librario. Tuttavia ha perfettamente ragione Sergio Luzzatto nella sua prefazione, quando dice che nell’Italia di oggi il nome di Giacomo Matteotti vive unicamente nella toponomastica. Eppure sì, Giacomo Matteotti fu un eroe. Un eroe civile, che sapeva perfettamente a cosa andava incontro, pronunciando in aula quelle parole: fu insultato, interrotto nel suo discorso più volte, e, dieci giorni dopo, a causa di quelle stesse parole, assassinato da cinque energumeni fascisti. Uno dei torti peggiori che potremmo fare alla sua memoria sarebbe relegare la sua vita a una targa per dare il nome a una via o una piazza. Le sue parole, invece, ancora adesso, proprio oggi, ci ammoniscono affinché abbiamo il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e ci invitano a non voltare la testa di fronte all’ingiustizia e al sopruso.