Van Dyck era arrivato a Palermo nel 1624 su invito del vicerè spagnolo che voleva farsi ritrarre dal giovane già affermato artista di corte. Di lì a poco la città fu colpita da una pestilenza che provocò 10 mila morti, tra cui lo stesso vicerè, pari al 10 per cento della popolazione. L’allora 25enne pittore fiammingo guardava con orrore dal suo isolamento la chiusura del porto, gli ospedali incapaci di reggere l’afflusso degli infetti, i lamenti dei malati e dei moribondi nelle strade. Un barlume di speranza alla città in ginocchio lo diede la scoperta, da parte di un gruppo di Francescani, di resti di ossa tra cui un cranio che l’arcivescovo Giannettino Doria attribuì a Santa Rosalia, nobile della famiglia dei Sinibaldi, vissuta nel dodicesimo secolo. Le reliquie furono portate in processione l’anno dopo attraverso le strade, mentre i casi di contagio si abbassavano: la “Santuzza” aveva salvato la città. Spodestando altri santi come Cristina, Oliva, Ninfa e Agata, Rosalia resta a oggi la Patrona di Palermo.