Le articolate investigazioni traggono origine da una verifica fiscale avviata dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari nei confronti di un’odontoiatra, con studio medico nella provincia barese, che consentiva di individuare l’ideatore e fornitore di un software gestionale idoneo a favorire forme di rendicontazione dei compensi “non ufficiali” e ad ostacolare l’attività di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria.
In particolare, dai successivi approfondimenti investigativi è emerso che il sistema gestionale in parola avrebbe consentito (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) di:
- creare specifiche “schede cliente” nelle quali, oltre alle prestazioni certificate, attraverso la pressione del tasto F12, previa digitazione di una password nella disponibilità del titolare di ogni studio medico, era possibile rendicontare anche i compensi percepiti “in nero”;
- memorizzare la contabilità “parallela” su supporti esterni (pendrive e hard disk), facilmente rimovibili in caso di controllo e non intellegibili senza l’uso delle particolari modalità di accesso illustrate;
- mantenere due distinti archivi informatici: uno “interno”, definito “gestionale”, contenente i “dati in chiaro”, per tali intendendo quelli cui seguiva l’emissione della relativa fattura fiscale; uno “esterno”, chiamato “storico”, memorizzato sui citati supporti esterni rimovibili (pendrive, hard disk, ecc.), idoneo a raccogliere “i dati nella loro totalità” e, dunque, anche quelli relativi alle operazioni non annotate nella contabilità ufficiale del professionista, non fatturate ai clienti e non dichiarate al Fisco.
Chissà come avranno fatto a scoprirlo. C’è caso che questo dentista dichiarasse 500 euro l’anno e giustamente si sono insospettiti. Come queli dell’albergo da 11 stanze che ha incassato oltre 2000 buoni vacanze da turisti fantasma