Il 14 giugno, oltre 700 persone sono naufragate al largo di Pylos, in Grecia. L’imbarcazione era partita da Tobruk, in Libia, e a bordo erano presenti principalmente persone (adulti e minori) provenienti, tra le altre nazionalità, dalla Siria, dall’Afghanistan e dal Pakistan. Ci troviamo di fronte all’ennesima strage nel Mediterraneo, ma la notizia è passata in sordina facendo spazio a quella di un sommergibile dell’azienda Ocean Gate che, poco tempo dopo, è imploso nelle profondità dell’Oceano Atlantico, mentre era in trasferta per una visita al relitto del Titanic. Pur trattandosi di casi differenti, ciò che salta all’occhio dal punto di vista prettamente mediatico è che pochissime testate si sono occupate di ricostruire le storie delle vittime del naufragio, mentre molti riflettori sono stati puntati sulle vite dell’equipaggio del sommergibile, ripercorrendo le loro biografie e di come siano arrivati alla loro fortuna miliardaria. Se si ripercorressero le storie di chi parte, le loro ragioni e le difficoltà affrontate, oltre a restituire dignità alle persone disperse, riusciremmo a sfatare molti miti e stereotipi sulle migrazioni: ebbene, mentre la notizia del naufragio ha perso risonanza, ciò che continua ad andare avanti è il recupero di testimonianze delle persone sopravvissute che fanno emergere la responsabilità della Guardia Costiera greca nei mancati soccorsi.

(continua)