Chiedo scusa in anticipo per il post un po’ lungo, ma non sono riuscita a sintetizzare.

A proposito delle concessioni balneari di cui ai parla tanto, sono andata a vedere cosa succese nella vicina Francia. Innanzitutto in Francia rispetto alla superficie dell’area demaniale interessata, un minimo dell’80% della lunghezza del litorale e della spiaggia deve rimanere libera da qualunque struttura, equipaggiamento o installazione, il ché significa che le concessioni agli stabilimenti balneari francesi sono rilasciate per un massimo del 20% della superficie. 80% delle spiagge sono libere.(art 2 del Code de l’environnement)

Sono concessi solamente equipaggiamenti e strutture amovibili, trasportabili, nessuna struttura in cemento, e dopo 6 mesi ritorno dell’area allo stato iniziale. È troppo se dico che i francesi tutelano l’ambientale demaniale marittimo e lo rendono accessibile a tutti? La durata delle concessioni per le spiagge non supera i 12 anni.

In Francia tutte le concessioni, con le relative tariffe, vengono aggiornate ogni anno. Italia Tutti insieme, i quasi 27 mila concessionari delle spiagge italiani pagano, secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità per la Concorrenza, 115 milioni l’anno. Secondo un centro studi autorevole come Nomisma il giro d’affari però è di 15 miliardi di euro l’anno, quasi l’1 per cento del Pil, cioè il costo della concessione vale meno di un euro ogni cento di fatturato.

Le concessioni balneari, per l’esattezza, sono in tutto 26.689, ma di queste ben 21.581 (circa il 70 per cento) ha un valore inferiore ai 2.500 euro all’anno, pari a 200 euro al mese. Tutto senza gara e in continua proroga. Con l’aggiunta di una segnalazione che arriva direttamente dall’Agenzia delle entrate: due gestori su tre non dichiarano al fisco il dovuto dei loro incassi. Ma va? E chi se lo aspettava.

Secondo un rapporto di Legambiente, le concessioni coprono più del 42 per cento dei nostri 3 mila chilometri di coste. Ma è un numero ingannevole. In Campania, Liguria, Emilia Romagna, regioni ad alta densità turistica, la quota di spiagge requisite dagli stabilimenti arriva al 70 per cento, in Toscana e nelle Marche si oscilla fra il 50 e il 60 per cento. Ma anche questo, se si considerano parchi e porti, non dice tutto. Sui 30 chilometri di coste della Versilia, il 90 per cento è occupato dagli stabilimenti. Sulla riviera romagnola si va dall’83 per cento di Riccione, secondo i calcoli di Legambiente, al 100 per cento di Gatteo Mare. A Ostia, per tre chilometri e mezzo di seguito, il mare, semplicemente, non si vede.

In Liguria il turista paga dai 30 ai 65 euro al giorno per un lettino a Balzi Rossi (dai 3 agli 11 anni pagano un ingresso di 15 € a testa, bontà loro) Sulla spiaggia di un hotel a Porto Cervo, un ombrellone e due lettini possono arrivare a costare 400 euro al giorno, dice Legambiente. Tuttavia, ancora nel 2019, i 59 concessionari della Costa Smeralda pagavano in media al demanio 312 euro per tutto l’anno.

Flavio Briatore per lo stabilimento balneare più costoso d’Italia, da 300 a 1.000 euro al giorno il Twiga beach di Marina di Pietrasanta, paga allo Stato la bellezza di un canone annuo di 17.169 euro. Poi si lamenta che non trova il personale perché quei fannulloni dei giovani percepiscono, se vivono in famiglia, 85 euro al mese e se vivono da soli 375 più 280 € di contributo di canone di locazione di reddito di cittadinanza. Le stanze dell’albergo di Cala di Volpe in Sardegna (categoria super lusso) costano 2mila euro a notte, ma l’affitto in esclusiva della incantevole spiaggia, pagato dai proprietari e dai gestori degli alberghi e incassato dallo Stato, si ferma a circa 500 euro l’anno.

Il comune di Arzachena sempre in Sardegna, in cambio della firma di ben 59 concessioni incassa appena 19mila euro l’anno. È evidente che occorre un allineamento tra canoni attuali riscossi dallo Stato e valori degli stabilimenti balneari, come è altrettanto evidente che la legge deve prevedere norme contro la possibile privatizzazione a favore di grandi imprenditori, fondi finanziari, banche o multinazionali.

Ha ragione Mario Tozzi “Solo il 29% delle coste italiane è intatto …Canoni irrisori per privatizzare un bene di tutti e lucrare sul patrimonio pubblico: non mi parlate di balneari che mi suscitate parole con due effe… Dopo che hanno lucrato per decenni sul bene demaniale, rendendo difficile l’accesso e spesso usando cemento e costruendo strutture non temporanee, ora vorrebbero pure l’indennizzo. Si offendono se chiediamo la restituzione della refurtiva?” Lo stanno facendo passare come un esproprio ma non è mica roba loro.

Più che concessioni, non so perché, a me paiono privilegi. Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e compagnia cantante sono affacendati a distrarre gli italiani con questa questione e in tutto questo non sento né leggo nulla da parte dei loro signori sulla nuova ondata di privatizzazioni di beni comuni fondamentali" acqua, energia, rifiuti, trasporto pubblico locale, sanità, servizi sociali e culturali, porti e telecomunicazioni contenuti nello stesso ddl concorrenza. Beni comuni fondamentali, altro che la difesa della lobby dei balneari.

Patrizia Bedori https://www.facebook.com/patriziabedorim5s/posts/pfbid0fcXSs79BXiDXFb3paQ4pYztCh3hLYcmh5XVbo895hc4NttKP2p3ZTMbdEDs21S3al