TRA STATI UNITI E CINA INFURIA LA GUERRA DEI SEMICONDUTTORI.

  1. La globalizzazione, iniziata decenni fa, ha permesso produzioni e commerci più efficienti. Se ogni paese dovesse produrre da solo tutto quello di cui ha bisogno, ci sarebbe molta ridondanza e molta inefficienza. Non si potrebbe mai raggiungere il livello di specializzazione a cui si è giunti grazie alla concentrazione delle produzioni in determinate aree in cui alte competenze si coniugano con costi bassi. Negli ultimi anni però la crisi pandemica e la guerra hanno messo in evidenza che se le catene di approvvigionamento sono singole (zero ridondanza), queste si possono facilmente interrompere (single point of failure), causando danni economici irreparabili. Per questo motivo è necessario investire nella resilienza delle catene di approvvigionamento di ogni prodotto. Vale per tutto: per l’energia, per le materie prime e anche per i prodotti finiti.
  2. I microchip oggi sono parte integrante di quasi ogni prodotto, sia civile che militare. Ci sono i microchip di ultima generazione che oggi vengono utilizzati negli smartphone e nei supercomputer. Ci sono anche i microchip di vecchie generazioni che continuano ad essere prodotti ed utilizzati in settori come l’automotive. Vecchie e nuove generazioni di microchip per il 92% vengono prodotti a Taiwan, sotto il controllo di aziende USA.
  3. La Cina intende cimentarsi nella produzione di chip con la Yangtze Memory Technologies Corp (YMTC). Aziende statunitensi come Apple avevano quasi deciso di fare produrre i chip per i telefonini da YMTC, ma hanno dovuto fermarsi su indicazione del governo degli Stati Uniti. Secondo Washington ci sarebbe un problema di sicurezza nazionale. Secondo Pechino gli USA stanno violando gli accordi sul commercio globale (WTO). Fatto sta che la guerra dei chip è una guerra fredda molto calda, perché gli USA hanno da difendere una catena di approvvigionamento debole, quella di Taiwan che si trova troppo vicino alla Cina. Infatti non hanno ancora catene di approvvigionamento diverse basate nei paesi friend. Occorre tempo e ingenti investimenti. Le nuove politiche sulla produzione dei chip vanno in questa direzione. Non possiamo più permetterci che l’approvvigionamento di chip avvenga esclusivamente attraverso le fonderie di Taiwan. Dobbiamo costruirle anche in altri paesi lontani da lì.
  4. Gli USA hanno pensato che l’efficienza del commercio non si debba più tenere in un mondo indifferentemente globalizzato, ma solo con i paesi amici (friend-shoring). La Russia e la Cina non sono più paesi amici. La Russia non è più un fornitore affidabile di energia. La Cina non rispetta i diritti umani. Bisogna investire in catene di approvvigionamento affidabili e rispettose dei diritti umani e quindi solo collaborando con paesi amici. Non si può più soltanto guardare alla riduzione dei costi. L’investimento in resilienza è fondamentale e tra qualche anno si vedranno i frutti degli investimenti che stiamo facendo oggi. I costi da sostenere oggi sono ingenti e sono sulle nostre spalle di cittadini contribuenti del mondo occidentale.
  5. Si intravede la ferma volontà del mondo occidentale di continuare a predominare sul mondo orientale. Il PIL del mondo orientale cresce e può superare quello del mondo occidentale. Il mondo occidentale fa di tutto per rallentare la crescita del mondo orientale. Chissà se riuscirà. Oggi forse si vede che il futuro potrebbe essere un mondo deglobalizzato, di nuovo diviso in 2 emisferi incomunicabili.

Tra Stati Uniti e Cina infuria la guerra dei semiconduttori

Usa-Cina: duello sui chip, gara per la supremazia tecnologica. Cosa sta succedendo. L’ultimo capitolo della disputa lo ha scritto Pechino sporgendo reclamo al Wto per le restrizioni alle esportazioni da parte degli Stati Uniti

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Dal post facebook di Maria Laura Mantovani