Perché dovrei andarmene via da twitter, se è così bello essere presi in giro? Una riflessione su mastodon, la libertà e sulla data fatidica del 15 aprile
Ma la novità che sta facendo discutere più di tutte è quella uscita in questi giorni e che entrerà in vigore dal 15 aprile: da quella data, infatti, solo gli account verificati (quelli dal cosiddetto Twitter Blue, che pagano 8 euro al mese per avere l’account verificato) potranno partecipare ai sondaggi, vedranno i loro post consigliati ad altri utenti e non saranno inseriti nello stream “Per te”, condannandoli, specie se si tratta di account piccoli, di fatto all’oblio.
@notizie Beh direi che in realtà non sei d’accordo su nulla 😀 Ma va bene così eh…
Il problema è che invochi regole che materialmente non ci sono. Chiedi cioè di applicare a soggetti privati oneri che legalmente non hanno. In altre parole la critica non dovresti farla a Twitter, Facebook e co. ma al legislatore italiano o europeo che non ha normato questi aspetti.
Attenzione però perché anche l’applicazione di funzioni pubbliche a soggetti privati non è priva di rischi. Perché per estensione io potrei voler avere uno spazio editoriale sul Corriere della Sera. E qualcun altro potrebbe pretendere che il creazionismo abbia la stessa viabilità dell’evoluzionismo su tutti i media. Ed una terza persona potrebbe imporre che poliverso.org (un nome a caso) ospiti senza limitazioni anche tutti quelli che non intendono rispettare i relativi TOS.
È un giochino pericoloso che funziona bene solo finché c’è il GAFAM di turno a subirlo.
@mhl
Non sono d’accordo sul fatto che non ero d’accordo con te. Ho solo espresso alcune puntualizzazioni che non contraddicono il tuo pensiro di fondo:
Detto questo, ero d’accordo con ciò che hai detto.
A questo proposito, hai mai provato a pensare che se il legislatore italiano o europeo, solitamente sempre prodighi di nuove produzioni normative, siano state rallentate dall’ncessante attività di lobby delle bigtech?
Sono d’accordo, anche se questa non è un’opinione accolta all’unanimità…
Non è e non sarà mai legalmente possibile. Se poliverso fosse l’unica istanza friendica al mondo, forse sì… Ma in tal caso non mi converrebbe tenerla aperta
@notizie
È estremamente probabile. Ma è così praticamente su ogni cosa. Possiamo escludere che il green new deal non sia stato spinto dalle società (e dagli stati) che ne trarranno i massimi benefici economici? Possiamo escludere che la politica dei bonus a pioggia della scorsa legislatura non sia stata agevolata da gruppi di interesse in se molto piccoli ma ben introdotti?
Non scopriamo nulla di nuovo. È uno dei limiti quasi inevitabili di ogni forma di governo che prevede una qualche forma di intermediazione. Però il dato di fondo rimane. Con le leggi attuali i social non hanno obblighi come l’equi-visibilità. Così come Trenitalia non è obbligata a fornire lo stesso servizio in prima o in seconda classe.
Che i social non siano gratis è vero. Come ho scritto altrove, gratis in questo caso va inteso come “non si paga in moneta”. Ma anche qui è lo stesso principio delle free mail. Eppure non vedo grandi crociate contro l’uso di Gmail nonostante le informazioni che transito per la posta elettronica possano essere molto più sensibili e riservate di quelle veicolate su un social. Ed è lo stesso di free OS come Android che raccolgono quantità impressionanti di dati personali. Ma neanche in questo caso vedo grandi movimenti per adottare dumbphone. Ed ancora, neppure un motore di ricerca è gratis però non vedo nessuno che ne chieda la messa al bando.
L’impressione è che continui a girare un modello semplificato per cui alcune realtà vengono costantemente descritte come “malefiche” mentre per altre -del tutto analoghe a livello operativo- si sceglie sempre un tono assolutorio o quantomeno di minimizzazione. Ed è qualcosa di molto diffuso anche a livello accademico. Ricordo ancora bene quando in Internet 2004 (Laterza) le implicazioni sulla privacy del modello commerciale di Google venivano liquidate in due righe dicendo semplicemente che non c’erano motivi per preoccuparsi.
Concludendo, le questioni che pongo spesso riguardano questa mancata visione di insieme; questo guardare il singolo dettaglio e trascurare tutto il resto; questo gioco di tifoserie per cui se a dominare il mercato è una società di cui mi fido va tutto bene mentre in caso contrario scatta la chiamata alla mobilitazione. Ecco, è questo che mi irrigidisce anche difronte a posizioni sulle quali non avrei problemi a convergere.
@mhl
La mancata visione di insieme è un problema reale, ma dipende dal fatto che un “digitale” che impatta così tanto sull’analogico, costringe a una riflessione complessiva che nessuno, ma proprio nessuno è in grado di svolgere, sia esso giurista, economista, filosofo, linguista, informatico o politico.
Quando nasce qualcosa di nuovo che ha impatto su privacy, informazione, politica, economia, giurisprudenza, etica è normale che le azioni debbano essere tante ma possano essere di cabotaggio ridotto. Siccume alcune di queste vengono combattute meglio di altre (pensa all’antitrust di inizio secolo contro Microsoft, rispetto all’antitrust degli ultimi anni; o agli interventi del garante privacy, rispetto agli scarsi interenti dell’AGCom), è normale ricevere questa impressione di un modo arbitrario e incoerente di agire.
Ecco, sarebbe importante invocare la coerenza alzando il livello qualitativo dei controllori più scarsi rispetto a quelli più capaci e non lamentandosi dell’eccessivo protagonisto di chi sa essere più efficace
@notizie Se ti riferisci all’intervento del Garante su #ChatGPT, mi trovi perfettamente d’accordo. Anzi mi ha sorpreso che così tanti utenti nel #fediverso protestassero contro il provvedimento, dato che in questo ambiente ti aspetteresti una maggiore consapevolezza del valore della privacy. Che poi se vogliamo è il discorso fatto sopra, ci si muove su onde emotive e non su una base coerente.