Recentemente l’IARC, cioè l’Agenzia Internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Ricerca sul Cancro, ha rivalutato la sua posizione riguardo al talco, inserendolo nel gruppo 2A degli agenti “probabilmente cancerogeni”. In precedenza, come indicato in una prima versione di questa scheda, il talco puro di per sé era ritenuto non cancerogeno, e “possibilmente cancerogeno”, quindi appartenente al gruppo 2B, per il tumore ovarico, solo se applicato nelle aree genitali e vaginali.

Dottore, come mai è stata rivalutata la classificazione?

È bene ricordare che la classificazione IARC non si basa sul livello di rischio, ma sulla forza delle prove a supporto di un legame di causa ed effetto tra un agente e il cancro: “possibilmente cancerogeno” non significa che “può” provocare il cancro, ma che sulla base degli studi esistenti non si può affermare con certezza che sia in grado di causare la malattia, ma dall’altro nemmeno che si possa dichiarare assolutamente sicuro.

Quando si parla, invece, di un prodotto “probabilmente cancerogeno”, come appunto è stato riclassificato il talco, alla stregua della carne rossa o dei turni di lavoro notturni, si indica che, sulla base dei dati a disposizione, è ragionevole pensare che un effetto ci sia. Quanto questo impatti sul rischio personale dipende poi da altri fattori, come la dose, la durata e le modalità di esposizione, oltre alla frequenza del tumore a cui si correla. Un piccolo aumento di rischio su un tumore frequente potrebbe per esempio risultare più significativo di un incremento più marcato in un tumore raro.

Già al momento della prima valutazione alcune ricerche mostravano un leggero aumento del rischio di tumore all’ovaio nelle donne che avevano utilizzato per anni il talco nelle parti intime rispetto a quelle che non ne avevano mai fatto uso, ma alcuni limiti metodologici degli studi e la relativa rarità di questa malattia rendevano e rendono ancora difficile escludere, dal punto di vista statistico, che questo riscontro sia casuale. A tutt’oggi, le prove che il talco possa provocare tumore all’ovaio nelle donne restano limitate, anche se quelle che dimostrano la possibilità che il talco provochi vari tipi di tumore negli animali da esperimento sono considerate sufficienti.

Il cambiamento della valutazione da parte dell’Agenzia internazionale deriva dalla scoperta, avvenuta negli ultimi anni, di meccanismi cancerogeni del talco sulle colture cellulari e in altri sistemi sperimentali. Per questo, una trentina di esperti provenienti da 13 Paesi, dopo aver rivalutato tutta la documentazione scientifica esistente, compresa quella più recente, ha deciso che, nel complesso, le prove di un legame tra l’uso del talco e l’insorgenza di tumori dell’ovaio non sono certe, ma più forti di quanto si pensasse.

Dottore, il pronunciamento IARC cosa cambia?

Per i consumatori, la riclassificazione del talco come prodotto probabilmente cancerogeno implica una maggiore consapevolezza che la sua eventuale pericolosità non è legata solo a una eventuale contaminazione con amianto. Non abbiamo tuttavia prove che il contatto con la pelle sia da evitare, mentre è certamente sconsigliato usare il talco – di qualunque marca – all’inguine o a livello dei genitali.

Il prodotto deve inoltre essere sempre tenuto lontano dalla bocca e dal naso dei bambini sotto i 3 anni per il rischio che possa provocare altri problemi respiratori. In ogni caso, per maggiore sicurezza, chi lo desidera può sostituirlo con prodotti analoghi a base di amido di mais.

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