Il problema nello scritto e soprattutto nel parlato, per quanto mi riguarda almeno, non è tanto la parola singola che si può spesso sostituire facilmente (penso ad esempio al posto di dire tutti, si può dire tutte le persone oppure chiunque), quanto alla frase nella sua complessità.
Quando le frasi e i discorsi iniziano ad essere lunghi ed è necessario affrontare il genere più volte si rischia di tirar fuori delle frasi che sono davvero complesse da leggere ma anche da sviluppare.
Precisamente.
Personalmente preferisco una frase più lunga ma che sia chiarissima, come “Care studentesse e cari studenti”. Sull’uso di schwa e asterischi trovo ancora molta difficoltà nel leggerli o nell’usarli. Per esempio, come ci si rivolge a un gruppo di persone che di professione scrivono? Inoltre mi piacerebbe capire chi si trova in condizione di fatica nella lettura, come la dislessia, se interpreta correttamente il simbolo o se lo confonde con la “a” minuscola rendendo ancora più faticosa la comprensione del testo.
Secondo me, la cosa interessante è porsi il problema, essere costretti cioè a ragionare su come includere tutte le persone ogni volta che si parla o che si scrive. Così facendo, ogni volta che si parla o che si scrive si pensa a tuttaeiou.
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Molto interessante, finalmente una prospettiva moderata e che tiene conto di tutte le esigenze, senza sensazionalismi.
Io concordo sul fatto che la scevà (schwa in italiano) non sia la soluzione migliore, però non concordo sul fatto che sia impronunciabile: con un po’ di pratica è quasi facile. Speriamo si trovi un compromesso ancora migliore in futuro