Negli Stati Uniti un articolo pubblicato la settimana scorsa dal Boston Globe, lo storico quotidiano di Boston, ha fatto nascere tra esperti e testate del settore un peculiare dibattito sull’etica giornalistica. L’articolo riguarda il suicidio assistito di una donna del Connecticut, Lynda Bluestein, che a causa dei divieti in vigore nel suo stato ha dovuto trasferirsi nel Vermont, dove la pratica è consentita.

La storia è particolare e rappresentativa, ma l’articolo è stato discusso anche perché l’autore, il giornalista Kevin Cullen, ha attivamente aiutato Bluestein a ricorrere al suicidio assistito firmando un documento per facilitare la pratica, intervenendo quindi in modo attivo e diretto sulla storia che stava raccontando, influenzandone lo svolgimento e diventando, di fatto, parte della storia che stava scrivendo.