“Quei documenti sono esplosivi quanto la dinamite”. Lo ripete più volte la giornalista Stefania Maurizi riferendosi alle informazioni a cui dà la caccia, da più di dieci anni, sul caso di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, la cui estradizione verso gli Stati Uniti è stata momentaneamente rinviata dall’Alta corte britannica di Londra lo scorso 26 marzo.
Un ricerca della verità, quella di Maurizi, portata avanti a colpi di “accessi alle informazioni” rivolti a quattro governi (Stati Uniti, Regno Unito, Svezia e Australia) che a più riprese hanno ostacolato la conoscenza di tutto ciò che riguarda il caso Assange. “Non vogliono che si conosca quello che è stato fatto contro lui e la sua organizzazione -spiega la giornalista ad Altreconomia-. Se fossero semplici documenti burocratici me li darebbero. E invece ho un team di sette avvocati e avvocate che mi segue. La dice lunga sulla persecuzione del fondatore di Wikileaks”.