La parola genocidio

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Non si deve aver paura della verità. La verità va guardata in faccia, specialmente quando svela l’ orrore di una strage di esseri umani, quando svela l’ orrore di un genocidio. Dettagliato, attento, documentato lo studio di Amnesty International, la cui relazione svela senza ombra di dubbio che a Gaza l’ esercito

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    24 days ago

    ENNESIMO SPOT DI AMNESTY INTERNATIONAL A FAVORE DI HAMAS - Di Franco Londei A pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende. Lo diceva Andreotti e mai frase è stata più azzeccata se la si accosta ad Amnesty International, non più ormai la gloriosa ONG che vinse il Premio Nobel per la pace nel 1977, ma sempre più costola della Fratellanza Musulmana e ampiamente sovvenzionata dai Paesi Arabi tanto da meritarsi l’appellativo di “ONG del Qatar”. La dimostrazione lampante ce l’abbiamo nell’ultimo rapporto di Amnesty International su Gaza dove l’ONG del Qatar afferma senza esitazioni che «Israele sta commettendo un genocidio contro la popolazione palestinese a Gaza». Intendiamoci, il rapporto uscito nelle ultime ore non si differenzia da quelli degli ultimi anni. Le fonti sono sempre riconducibili ad Hamas, si fanno nomi di persone che probabilmente non esistono, si danno numeri estrapolati dalle veline del fantomatico “Ministero della salute di Hamas”, non si nomina mai (o quasi) il gruppo terrorista, non si parla MAI di popolazione usata come scudi umani. Cosa cambia allora? Beh, la distruzione a Gaza è significativamente evidente, la guerra urbana è questa. Quindi Amnesty non dice nulla di nuovo. Anzi, sostiene che la distruzione sia stata deliberata, non sia sa bene basandosi su quali riscontri. Amnesty International non menziona nemmeno una volta il fatto che gli israeliani avvisassero la popolazione di spostarsi dai punti che successivamente sarebbero stati bombardati e che, in quel frangente, Hamas impediva alla popolazione stessa di evacuare. Usare la popolazione civile come scudi umani è un crimine di guerra. Nel suo spot a favore di Hamas, la ONG Premio Nobel per la pace afferma che «il rapporto di Amnesty International mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza», quando in realtà l’unica cosa ad essere provata dai documenti e dai fatti è che a volere un gran numero di morti civili era Hamas, su ordine preciso di Yahya Sinwar che chiedeva più donne e bambini morti i quali avrebbero «aiutato la causa di Hamas». Ma di questo non si trova cenno nello spot di Amnesty International a favore dei terroristi islamici. E poi ancora quella parola: genocidio. Come può una organizzazione che sostiene di essere piena di esperti di Diritto Internazionale (in tanti anni non ne ho mai incontrato uno di Amnesty) affermare che a Gaza ci sia un genocidio quando con quella parola si intende, secondo il Diritto Internazionale, «sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa». Niente di tutto questo è avvenuto a Gaza. Mi viene il sospetto che scrivano sotto dettatura, per slogan o, peggio, a tariffa. Per esempio, mi rimane strano il fatto che questi fantomatici “esperti” non usino la parola “genocidio” per i 122.000 palestinesi scomparsi nelle fosse comuni in Siria. Forse perché a massacrane un buon numero è stato Hezbollah che li credeva alleati di Al-Nusra, o più probabilmente perché Israele non c’entrava nulla. E se non c’è Israele non c’è genocidio. In sostanza, adesso vedremo i ventriloqui di Hamas spacciare questo cosiddetto “rapporto” per oro colato. Vedremo i soliti Telese, Ferrario e compagnia cantante blaterare sul fatto che «persino Amnesty lo dice». Io non so se questa gente lo fa perché ci crede veramente, perché in qualche modo è pagata, per acquistare visibilità o solo perché si accoda alla massa anti-israeliana. Quello che so è che produrre questi cosiddetti “rapporti” significa semplicemente aiutare Hamas. Che lo facciano gratis o a pagamento non saprei davvero dirlo, ma… a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende.